Victoria Blessington muore perché costretta ad essere una donna schiava del marito e della maternità. Bella Baxter rinasce riappropriandosi di una vita e un corpo in cui regnano femminilità e libertà. E questo, i costumi in Povere creature, ce lo spiegano benissimo.
In Povere Creature, il viaggio che compie Bella Baxter, interpretata magnificamente da Emma Stone, è un viaggio fisico e di formazione. È un’odissea in cui Yorgos Lanthimos riesce a decifrare i codici della libertà del genere umano, in particolare dei cosiddetti “reietti”, esclusi. La costumista Holly Waddington segue questo percorso con i costumi in maniera eccellente.
Bella, appena “nata”, deve imparare a parlare e camminare. La costumista sceglie per questo primo momento tessuti leggeri e volant con la consistenza di un pannolino. In particolare, la protagonista babydoll increspati con calzoncini vittoriani, camicie da notte e maniche a sbuffo. E come ogni bambinə, Bella impara a camminare scalza.
Quando Bella parte per la sua Odissea inizia a vestirsi da sola: qui il suo guardaroba riflette perfettamente il suo carattere: selvaggio, colorato e unico.
Mentre esplora Lisbona indossa una giacca azzurra con maniche a palloncino ed una camicia con ruches (striscia di stoffa increspata, usata come ornamento nella moda femminile). Era appena stata in hotel con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), e uscendo non si preoccupa di rimettersi la gonna. Perciò indossa solo della biancheria intima sui toni del giallo in stile anni ’30 e degli stivali ispirati ai Courrèges degli anni ’60.
Quest’accostamento di colori evoca la Bella e la Bestia. Bella è però sia Belle -amante della lettura, intelligente e perspicace-, sia la Bestia, un essere trasformato senza consenso, rinchiuso e dimenticato nel suo castello, che dovrà innamorarsi di Belle (in questo caso quindi di se stessa) per ritrovare la sua umanità.
In Povere creature è importante la rappresentazione della libertà sessuale di Bella, e anche in questo caso gli abiti ci vengono in aiuto.
Se nel bordello vengono utilizzati costumi e colori che richiamano la pelle, più interessante è il “cappotto preservativo” -così definito dalla costumista- che Bella indossa arrivata a Parigi.
La costumista lo ha così definito perché in epoca vittoriana era questo il colore di un preservativo. Il cappotto in lattice fin da subito ci spoilera cosa succederà nella città francese. È interessante pensare che sia lei a indossare un abito definito “preservativo” perché è proprio lei a prendere le redini del suo corpo e della sua sessualità. È lei a decidere liberamente come svolgere il lavoro nel bordello.
Se questo è un primo simbolo di libertà sessuale, ancora più interessante è la scelta di non utilizzare corsetti. All’interno del bordello ma in generale all’interno della pellicola i corsetti definiscono una costrizione: le donne, e in particolare Bella, sono incontenibili perché libere e non hanno bisogno di lacci e stringhe per esplorare il mondo.
La sua è una libertà estrema: la sua mente le appartiene, non solo più un esperimento del “Padre creatore” Godwin (William Defoe). Il suo corpo appartiene a lei, tanto che il matrimonio è una costrizione, una prigione: così ci rammenda il vestito da sposa con maniche enormi bianche, ma soprattutto a forma di gabbia. Lo abbiamo scoperto poi che lo scorso matrimonio nella vita passata aveva portato Victoria addirittura al suicidio, creando così un file rouge tra la madre e Bella.
La sua libertà è piuttosto leggere, scoprire, esplorare. E alla fine lo fa con un semplice maglioncino bianco a collo alto, perché da bambina che era all’inizio del film, è ormai un’adulta. Se durante il corso del film indossava abiti pomposi, esuberanti, per sottolineare il suo carattere alla Frankenstein, da reietta quindi, la normalità ora del maglioncino la ristabilizza all’interno della società.
Il maglioncino ha comunque delle maniche a sbuffo, per ricordarci che Bella è sempre Bella. E adesso finalmente indossa una gonna, segno della sua definitiva crescita.
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