Gladiatore 2: Sangue e Gloria, Bellezza e Imperfezione

folder_openCinema e Moda, oscar 2025

Immagina di indossare un’armatura che pesa come un secolo di battaglie, o di sentire il cuoio consumato avvolgerti le spalle mentre cammini in un’arena. Immagina ora, Janty Yates, la costumista, già premiata per il primo film e candidata nuovamente agli Oscar 2025 per Migliori Costumi, decidere di raccontare nuovamente la storia ne il Gladiatore 2, di un passato già scritto, e accettare ulteriormente questa sfida.

I costumi di Gladiatore 2, diretto da Ridley Scott, ne escono così come ponti tra mondi, specchi di anime in lotta. Sono dualismo: un racconto tra presenti e passati; il nostro presente/passato storico, e il file rouge che collega inevitabilmente il Gladiatore (2000) con Rossell Crowe, e il Gladiatore (2024) con Paul Mescal.

Annone è Lucio Vero Aurelio sin dall’inizio

Nelle prime scene di Gladiatore 2, Annone, interpretato da Paul Mescal, compare accanto a sua moglie Arishat, il cui abito non è solo (ovviamente) un capo d’abbigliamento, ma un manifesto culturale. Mentre Annone indossa una tunica semplice ma strutturata, sua moglie sfoggia un abito plissettato che ricorda il peplos greco: una veste drappeggiata, fissata con fibule alle spalle, simbolo di un’identità ellenica. Da qui la domanda: sono entrambi greci? La risposta è ovvia.

Yuval Gonen interpreta Arishat ne il Gladiatore 2
Yuval Gonen interpreta Arishat ne il Gladiatore 2

La scelta di Janty Yates non è casuale. Il peplo, indossato dalle donne greche classiche, contrasta volutamente con lo stile di Annone, la cui tunica – pur nella sua essenzialità – evoca la sobrietà romana attraverso linee dritte e una cintura in cuoio lavorato, tipica dei militari. La coppia rappresenta fin da subito quel dualismo di cui parlavamo prima: lei è legata alle radici greche, lui è un figlio adottivo di Roma.

Paul Mescal interpreta Annone ne il Gladiatore 2
Paul Mescal interpreta Annone ne il Gladiatore 2

I dettagli parlano chiaro: il tessuto dell’abito di Arishat è bianco avorio, con pieghe che ricordano le sculture classiche, e una cintura alta sotto il seno, come nel costume ellenico. La tunica di Annone è invece di lino grezzo, tinta con pigmenti terrosi (ocra, marrone), e i suoi calzari sono simili a quelli dei legionari, ma privi di decorazioni. Un modo per suggerire una discendenza romana, ancora latente.

Forse, il dettaglio più interessante del film.

Paul Mescal e Russell Crowe: Un Filo Rosso Sangue che Unisce Due Eroi

Quando vediamo Paul Mescal indossare per la prima volta il costume del suo personaggio, il ricordo di Maximus Decimus Meridius, interpretato da Russell Crowe nel primo film, è istantaneo. Yates ha svelato che i costumi di Mescal custodiscono riferimenti visivi alla figura di Crowe: volevano un’eredità silenziosa, qualcosa che ricordasse al pubblico che la gloria e il dolore sono ciclici.
Le tonalità terrose, le cicatrici sul cuoio, persino la disposizione delle placche metalliche richiamano il primo Gladiatore. La storia si ripete, così come i costumi (e così anche le mode).

Paul Mescal ne il Gladiatore 2
Paul Mescal ne il Gladiatore 2

L’Artigianato Dietro le Quinte: Pelle, Sudore e Simboli

Yates e il suo team hanno scelto materiali che parlassero la lingua della storia. Pelli invecchiate a mano, metalli ossidati, stoffe tessute con tecniche antiche: ogni dettaglio è un tributo all’epoca romana, ma filtrato da uno sguardo contemporaneo: belli si, ma non perfetti; autentici. Un esempio: le 150 armature dei gladiatori realizzate tutte in maniera diversa, imperfetta, ma autentica ed efficace. Non solo i protagonisti riempiono la scena: all’epoca romana era la legione a vincere, ad essere protagonista, e anche ne il Gladiatore 2 ogni legionario, schiavo, merita riconoscimento.

Geta e Caracalla: Sari e Oro

I gemelli imperatori interpretati da Joseph Quinn e Fred Hechinger – Geta e Caracalla – sono un vortice di eccentricità e opulenza. Ridley Scott immaginava i due come una versione romana di Johnny Rotten, icona punk dei Sex Pistols: voleva capelli rossi, volti pallidi come cenere, e un dente d’oro. Dovevano sembrare pazzi, e la pazzia doveva iniziare dai costumi.
Il look nasce da un ossimoro tessile: sari indiani maschili (tradizionale indumento prettamente femminile del subcontinente indiano, le cui origini risalgono al 100 a.C.), scelti per la loro ambiguità tra femminilità e potere, arricchiti da strati di gioielli e pannelli ricamati.  Sopra una base di damaschi italiani e francesi, viene aggiunto strato su strato: è un’estetica folle, una decadenza dorata.

Infatti, non manca l’oro, ovviamente: oro su oro, e altro oro. Un trionfo di eccessi che riflette l’ossessione del potere: dovevano sembrare divinità corrotte, splendenti ma marce dentro. E i costumi, in questo, non mentono mai.

I sari, i damaschi e l’oro non sono solo decorazioni: sono metafore di un impero che si crede eterno, ma sta già crollando. E quei gemelli, così lontani dall’estetica classica, ci ricordano che la follia del potere è senza tempo.

Joseph Quinn e Fred Hechinger interpretano Geta e Caracalla ne il Gladiatore 2
Joseph Quinn e Fred Hechinger interpretano Geta e Caracalla ne il Gladiatore 2

Questi Costumi Ci Ricordano Chi Siamo

Interessanti i costumi di Danzel Washington, che interpreta Macrinus, un ex militare con un passato oscuro, indossa probabilmente dei paludamentum (mantello militare), a volte consumati, segno di battaglie sopravvissute e orgoglio ferito. Allo stesso tempo, è pieno di tuniche colorate, pieno di gioielli oro, che anticipano il suo dualismo: la voglia di potere, il riscatto malato della vincita, dell’ascesa – che si conclude inevitabilmente con la morte.

Danzel Washington ne il Gladiatore 2
Danzel Washington ne il Gladiatore 2

Guardando i costumi di Gladiatore 2, si percepisce una verità universale: la grandezza non è mai priva di fragilità. Che sia il sangue essiccato sul gambale di Mescal o il mantello logoro di Washington, ogni elemento ci parla di umanità, non di eroi invincibili.
E forse, è proprio questo il segreto: Ridley Scott e Janty Yates ci ricordano che la bellezza sta nelle imperfezioni, nelle cicatrici, nelle storie che il tessuto trattiene come un diario segreto.

Forse, la vera eredità del film sta proprio qui: nel ricordarci che la storia non la scrivono gli eroi, ma gli esseri umani. Con le loro crepe, i loro desideri, e quelle scomode, meravigliose, imperfezioni.

di Francesco Lasala

Seguici su Instagram per altri contenuti!

Tags: abiti, alcinema, cinema, cinema e moda, costumi, gladiatore, gladiatore 2, janty yates, nottedeglioscar, Oscar 2025, paul mescal, ridley scott, toko film fest

Related Posts

keyboard_arrow_up