di Santa Madre Rabbia
Al confine tra Albania, Kosovo e Montenegro vivono montagne non troppo diverse dagli Appennini italiani; qui, le ultime famiglie di pastori della zona cominciano a vedere profondi cambiamenti.
Attraversiamo queste montagne grazie a Pasturismo, film documentario del 2024 vincitore della sedicesima edizione del Festival del cinema Marateale, sezione Green. La regia è di Boschilla, «progetto di ricerca e produzione multimediale sulla montagna e sulle aree interne», che già nel 2018 aveva realizzato Entroterra: memorie e desideri delle montagne minori, in anteprima mondiale alla 66a edizione del Trento Film Festival e premiato come miglior documentario e miglior sceneggiatura alla 19a edizione del Lucania Film Festival.
Analisi critica e per niente romantica sulle terre alte dell’Europa meridionale, Pasturismo è stato proiettato il 24 febbraio al Circolo ARCI Marea di Salerno. Presenti due dei quattro registi, Andrea Chiloiro e Riccardo Franchini, in dialogo con Daniele Bagnoli, geografo e referente APE Salerno, e Davide Monaco, professore di Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Salerno.
Le riflessioni contenute nell’articolo sono il frutto di questo incontro.

IDENTITÀ
Il documentario descrive l’arrivo del turismo a Döberdoll, remoto villaggio sulle montagne albanesi dove solo poche famiglie di pastori resistono, non troppo convinte, allo spopolamento . Unica nota che inverte la tendenza all’abbandono è l’apertura di una Guest House da parte di uno degli abitanti. Compaiono così i primi gruppi di turisti, interessati soprattutto a esplorare quest’area “incontaminata”, custode di un’autenticità ormai perduta quasi ovunque, come ci ricorda una di loro.
Cosa sta accadendo alla montagna? Viene da chiederci dopo aver visto il film. È anche la domanda che si rivolge Daniele Bagnoli. «La montagna viene evocata, narrata con una certa attenzione e curiosità, ma anche, tante volte, sfruttata, violentata, commercializzata e depredata».
È precisamente questa complessità che Pasturismo restituisce: una montagna in continuo cambiamento, su cui la logica capitalistica di tipo estrattivista sta allungando i propri tentacoli. Una logica che emerge con forza anche dal linguaggio dei tour-operator albanesi, che, come sottolineano i registi, adottano una retorica di tipo neo-coloniale, in cui il territorio diviene “selvaggio, autentico, vergine e da scoprire”.
Ma quanto c’è di davvero incontaminato e autentico in questa realtà? Il documentario problematizza la dimensione e il concetto stesso di autenticità. I luoghi si lasciano sempre contaminare: lo vediamo dagli abitanti di questo remoto villaggio albanese, che, come qualsiasi altra persona, usano lo smartphone. L’autenticità tanto agognata e desiderata dallə cittadinə-turistə è in realtà collocata in un passato mitico proprio perché mai esistito.

GERARCHIE
Mentre da una parte c’è chi arriva nella speranza di trovare l’altro da sé (ma solo per il tempo di un’escursione), dall’altra si configura per Döberdoll un’unica possibilità, quella di investire sul turismo. Lo percepiamo soprattutto dalle parole di Erwin Lanj, guida ambientale, tornato in Albania dopo un periodo di studio in Germania. Erwin, che lavora nel settore del turismo ‘sostenibile’, sembra rendersi conto della fragilità dei territori che attraversa.
Il rischio concreto è quello di creare o acuire gerarchie, di aumentare le disuguaglianze anziché attutirle. L’idea di sviluppo incentrata sul turismo permette ai ricchi di mantenere i propri privilegi, accentra le risorse e le ricchezze nelle mani di pochi, ed esclude i ceti più bassi e non competitivi. Quelli, cioè, che non possiedono case da affittare su Airbnb o capitali da investire.
Un modello di sviluppo in atto anche sugli Appennini italiani, riflesso delle zone balneari e urbane, che finisce per creare gerarchie geografiche, oltre che sociali. I luoghi ‘turistificabili’ (in special modo le coste) subiscono l’iniezione di ingenti fondi e capitali, a discapito di altri, che vedono continuamente depotenziati e definanziati i propri servizi essenziali (dalla scuola alla sanità agli spazi sociali). «Il turismo accelera lo sviluppo di alcuni territori – riflette Daniele Bagnoli – ma lascia indietro gli altri».

ASSENZE
Eppure, alla fine, ci interroghiamo su quanto siano legittime le nostre critiche a questo modello di sviluppo. È ingiusto per gli abitanti di Döberdoll aspirare a qualcosa di differente? Aprire un grande hotel per i turisti è il sogno di uno dei ragazzi del villaggio, mentre chi non vede un futuro lì sogna l’Inghilterra e stipendi più alti.
«Tema centrale è anche il diritto al viaggio – dice Riccardo Franchini – che va tutelato». E problematizzato. Pensiamo alla strumentalizzazione da parte dei media dell’arrivo in massa di turisti campani a Roccaraso, definito alternativamente un’invasione e un assalto. Quanto questa reazione è legata a dinamiche di privilegio e di potere?
Non esiste un turismo buono e uno cattivo, ci ricorda l’antropologo Francesco Vietti, intervistato nel documentario. In fondo, nel turismo, le terre altre (così come le aree interne italiane, verrebbe da dire) cercano un’occasione di riscatto dalla propria subalternità rispetto ai centri. Ma cercano anche l’incontro con l’altro, per spezzare, anche se solo apparentemente, la propria marginalità. È inevitabile notare un grande assente: a sparire da questi territori è il momento della mediazione, «chi questi processi non li amministra, ma li governa» suggerisce Davide Monaco. «Manca la politica», che dimostra di essere cieca alle richieste e alle esigenze dei territori, priva di qualsiasi lungimiranza programmatica e incapace di pensare e progettare futuro.
Pasturismo scatta un’istantanea critica nella storia di Döberdoll: non possiamo sapere come e se il turismo si svilupperà, quanto e se l’infragilimento del tessuto sociale e naturale locale si acuirà. Quello che vediamo, alla fine, sono gli scheletri in costruzione o già costruiti di futuri hotel.
Eppure, un acquazzone improvviso costringe il turista a rifugiarsi al coperto, fermando, anche se solo momentaneamente, la sua avanzata.
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