Nickel boys è un film del 2024 del regista (quasi) esordiente RaMell Ross. Adattemento dell’omonimo libro di Colton Whitehead del 2019, rappresenta uno dei punti più alti dello scorso anno, ricordandoci come la tecnica e la forma devono essere messe al servizio della storia, e che la finzione è solo un altro nome per chiamare la verità.
Nickel academy: una miniatura del mondo esterno
Elwood (Ethan Herisse) è un ragazzo modello: sogna di andare al college, vivere una vita normale e rendere fiera sua nonna. Un giorno però prende un passaggio dalla persona sbagliata, un criminale in fuga che ha appena rubato la macchina su cui stanno viaggiando. Preso dalla polizia viene considerato un complice e sbattuto dentro la Nickel Academy, un riformatorio a Tallahassee, in Florida. Incontra qui Turner (Brandon Wilson), un ragazzo profondamente diverso da lui ma con cui condivide il terribile destino che li aspetta in quella scuola.
Sullo sfondo delle leggi sulla segregazione degli anni ’60 e l’inizio dei movimenti per la liberazione, la storia dei nostri due protagonisti è uno spaccato di vita che riflette gli echi di ciò che si consuma fuori dalle mura della loro prigione. La Nickel academy è un vero inferno dove vengono perpetrate violenze, abusi e ingiustizie. Elwood vede da vicino e sente sulla propria pelle la ferocia di un mondo di cui prima voleva far parte. Desidoroso di avere una vita come tante, scopre lì dentro che come “i tanti altri” lui non è, e che sognare è un privilegio che non gli è concesso.
Il primo obiettivo del film è quindi quello di scuotere le coscienze e denunciare una realtà -allora come oggi- in cui il colore della pelle definisce chi sei, chi eri, e chi dovrai essere. Non è però il solito film sulla segregazione che ha lo scopo di commuovere. Nickel boys è un vero film di inchiesta. La violenza efferata che troviamo nel libro è qui spesso affidata al fuori campo, e il film non si perde mai in mielismi e in scene superflue. Il lavoro d’archivio ci svela come la Nickel academy è in realtà la Arthur G. Dozier School a Marianna, Florida, istituto che per anni, nel silenzio e nell’omertà, ha ucciso giovani ragazzi afro-americani.
La soggettiva: forma, sguardo e politica
Nickel boys si distingue da tutti gli altri film che abbracciano il suo stesso scopo per il tipo di linguaggio che adotta. Il film è quasi interamente girato in soggettiva. Per i meno navigati, la soggettiva è un tipo di “ripresa” che assume il punto di vista del personaggio, mostrando le immagini come se lo spettatore guardasse ciò che accade in prima persona. Nel nostro caso la soggettiva balza dal POV (punto di vista) di Elwood a quello di Turner, costruendo un vero e proprio dialogo. Questa scelta ha una doppia motivazione. Lasciare il film in un’unica soggettiva avrebbe appesantito molto di più la pellicola, nonchè ci avrebbe legato per forza di cose a seguire un singolo personaggio. L’alternanza invece permette una maggiore copertura della storia, e favorisce più dinamicità e ritmo in quello che, quando i due personaggi parlano tra di loro, diventa di fatto un classico campo-controcampo.
L’altra motivazione risiede invece su un piano più profondo. Risponde all’esigenza del regista di volerci trasportare all’interno della storia a 360 gradi. L’intenzione, come detto prima, era quella di svelare piano piano un mondo demoniaco sopito sotto la superficie. Esattamente come Elwood, noi scopriamo i crimini che si consumano all’interno dell’accademia e non possiamo farlo in altro modo se non attrvaerso il suo sguardo, che quindi diventa il nostro. Il rischio della soggettiva è quello di non far empatizzare con il personaggio che per essere riconosciuto va visto e “vissuto” dall’esterno. Tuttavia lo scopo di Nickel Boys è quello di trasformare noi stessi in personaggi. L’immersione che la soggettiva ci permette di vivere è totale, ed è un’esperienza sensoriale che va oltre lo sguardo: percepiamo i gusti, le superfici e gli odori.
La soggettiva stabilisce quindi il tipo di sguardo con cui approcciarsi al film, sia nella tecnica che nel significato. Il film così testimonia l’importanza di come la forma va messa al servizio dell’istanza narrativa e che essa stessa diventa significato e significante. Lo scambio di soggettive inoltre acquisisce un ulteriore valore sul finale. Questa volta non voglio anticipare nulla ma posso solo dire che i due protagonisti condividono molto di più che le loro esperienze all’interno dell riformatorio. Lo sguardo è identità, e le loro sono destinate a sovrapporsi.
Elwood e Turner
Lo sguardo politico di RaMell Ross non passa solo attraverso la tencica e la storia, ma si consolida anche nella scrittura dei personaggi, già forti su carta. Elwood e Turner rappresentano due facce della stessa medaglia, due modi diversi di vivere e reagire. Elwood è Martin Luther King che destato dal suo sogno lotta e spera ancora nella pace e nell’uguaglianza. Turner invece è più reazionario, pessimista, e disposto a rispondere al fuoco con il fuoco.
La loro storia è la risposta alla domanda “come si fa a sopravvivvere in luoghi del genere?”. L’amicizia, la solidarietà e l’alterità sono la chiave alla sopravvivvenza e non c’è nulla di più politico nell’ affermare ciò. Il loro legame è un fronte comune che li vede alleati verso il nemico che non è “altro” ma solo un altrove difficle da raggiungere. La loro unione ricorda l’uno all’altro che esiste ancora umanità. La stessa umanità, la stessa amicizia che anni dopo porterà un Turner adulto a testimoniare contro la Nickel academy quando tutti i segreti verranno a galla.
Nickel boys è un film importante e in qualche modo decisivo. Il passato da documentarista del regista emerge qui forte e si mette al servizio di una narrazione che fonde verità e finzione in una formula perfettamente calibrata.
Matteo Cantarella